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Gesù suscita in noi la fiducia in Dio
II Re 5,1-19 Luca 4,21-30



1 Naaman, capo dell’esercito del re di Siria, era un uomo tenuto in grande stima e onore presso il suo signore, perché per mezzo di lui il Signore aveva reso vittoriosa la Siria; ma quest’uomo, forte e coraggioso, era lebbroso.
2 Alcune bande di Siri, in una delle loro incursioni, avevano portato prigioniera dal paese d’Israele una ragazza che era passata al servizio della moglie di Naaman.
3 La ragazza disse alla sua padrona: «Oh, se il mio signore potesse presentarsi al profeta che sta a Samaria! Egli lo libererebbe dalla sua lebbra!»
4 Naaman andò dal suo signore e gli riferì la cosa, dicendo: «Quella ragazza del paese d’Israele ha detto così e così».
5 Il re di Siria gli disse: «Ebbene, va’; io manderò una lettera al re d’Israele». Egli dunque partì, prese con sé dieci talenti d’argento, seimila sicli d’oro e dieci cambi di vestiario;
6 e portò al re d’Israele la lettera, che diceva: «Quando questa lettera ti sarà giunta, saprai che ti mando Naaman, mio servitore, perché tu lo guarisca dalla sua lebbra».
7 Appena il re d’Israele lesse la lettera, si stracciò le vesti e disse: «Io sono forse Dio, con il potere di far morire e vivere, ché costui mi chieda di guarire un uomo dalla lebbra? È cosa certa ed evidente che egli cerca pretesti contro di me».
8 Quando Eliseo, l’uomo di Dio, udì che il re si era stracciato le vesti, gli mandò a dire: «Perché ti sei stracciato le vesti? Quell’uomo venga pure da me, e vedrà che c’è un profeta in Israele».
9 Naaman dunque venne con i suoi cavalli e i suoi carri, e si fermò alla porta della casa di Eliseo.
10 Ed Eliseo gli inviò un messaggero a dirgli: «Va’, làvati sette volte nel Giordano; la tua carne tornerà sana e tu sarai puro».
11 Ma Naaman si adirò e se ne andò, dicendo: «Ecco, io pensavo: egli uscirà senza dubbio incontro a me, si fermerà là, invocherà il nome del Signore, del suo Dio, agiterà la mano sulla parte malata, e guarirà il lebbroso.
12 I fiumi di Damasco, l’Abana e il Parpar, non sono forse migliori di tutte le acque d’Israele? Non potrei lavarmi in quelli ed essere guarito?» E, voltatosi, se ne andava infuriato.
13 Ma i suoi servitori si avvicinarono a lui e gli dissero: «Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una cosa difficile, tu non l’avresti fatta? Quanto più ora che egli ti ha detto: “Làvati, e sarai guarito”».
14 Allora egli scese e si tuffò sette volte nel Giordano, secondo la parola dell’uomo di Dio; e la sua carne tornò come la carne di un bambino: egli era guarito.
15 Poi tornò con tutto il suo sèguito dall’uomo di Dio, andò a presentarsi davanti a lui e disse: «Ecco, io riconosco adesso che non c’è nessun Dio in tutta la terra, fuorché in Israele. E ora, ti prego, accetta un regalo dal tuo servo».
16 Ma Eliseo rispose: «Com’è vero che vive il Signore di cui sono servo, io non accetterò nulla». Naaman insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò.
17 Allora Naaman disse: «Poiché non vuoi, permetti almeno che io, tuo servo, mi faccia dare tanta terra1 quanta ne porteranno due muli; poiché il tuo servo non offrirà più olocausti e sacrifici ad altri dèi, ma solo al Signore.
18 Tuttavia il Signore voglia perdonare una cosa al tuo servo: quando il re mio signore entra nella casa di Rimmon2 per adorare, e si appoggia al mio braccio, anch’io mi prostro nel tempio di Rimmon. Voglia il Signore perdonare a me, tuo servo, quando io mi prostrerò così nel tempio di Rimmon!»
19 Eliseo gli disse: «Va’ in pace!» Egli se ne andò e fece un buon tratto di strada.

II Re 5,1-19


Egli prese a dire loro: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura, che voi avete udito».
22 Tutti gli rendevano testimonianza e si meravigliavano delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca, e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?»
23 Ed egli disse loro: «Certo, voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso; fa’ anche qui nella tua patria tutto quello che abbiamo udito essere avvenuto in Capernaum!”».
24 Ma egli disse: «In verità vi dico che nessun profeta è ben accetto nella sua patria.
25 Anzi, vi dico in verità che ai giorni di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e vi fu grande carestia in tutto il paese, c’erano molte vedove in Israele;
26 eppure a nessuna di esse fu mandato Elia, bensì a una vedova in Sarepta di Sidone.
27 Al tempo del profeta Eliseo c’erano molti lebbrosi in Israele; eppure nessuno di loro fu purificato, bensì Naaman, il Siro».
28 Udendo queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni d’ira.
29 Si alzarono, lo cacciarono fuori dalla città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per precipitarlo giù.
30 Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

Luca 4,21-30

 

Di miracoli ne sono raccontati molti nei vangeli e anche nel Primo Testamento. I miracoli comprendono guarigioni o trasformazioni, ma soprattutto puntano all’incontro con Gesù, con il Signore della vita. Il vero miracolo  è, infatti, questo incontro che trasforma e riempie la vita di un significato nuovo. Per esempio, l’arrogante Naaman diviene un uomo capace di umiltà e ascolto. Ricomincia a chiedere, invece di credere di avere già tutte le risposte. E’ l’evoluzione di un uomo che, da una posizione di potere, impara il cammino dell’umiltà, impara di avere bisogno degli altri e di Dio.


Per chi ha potere è ben difficile imparare queste cose. Naaman, poi, ha un brutto carattere, si arrabbia velocemente, e per due volte questo accade nel nostro racconto. E’ anche etnocentrico, e quando Eliseo, che non lo ha ricevuto, lo invita a bagnarsi nel Giordano, commenta che i fiumi del suo paese sono certamente migliori e più salutari di quello. Esprime, quindi, un giudizio xenofobo, etnocentrico. Eppure, poiché ha bisogno, anche se non lo vuole riconoscere, scende e si bagna nel Giordano, quel fiume di serie B, che rimanda a un profeta e a un Dio di serie B.
Il Dio di una schiava, di un popolo subordinato e vinto, il Dio degli ultimi. Sono i servi a convincere Naaman a passar sopra al proprio orgoglio. Servi abituati a ingoiare umiliazioni, abituati a trarre il meglio da ciò che viene. Oggi diremmo “capaci di resilienza”, così elastici da adattarsi alla situazione e vedervi degli elementi positivi. Lo convincono, sfidando la sua idea di sé. Una prova difficile, da eroe, lui l’avrebbe affrontata. Ma questa prova – l’ubbidienza gratuita – andava ben contro la sua idea di generale e alto dignitario che decide della sua vita e non obbedisce a nessuno se non al proprio istinto.


Per questo, la prova è per lui ben più grande che se dovesse incatenare un drago o sfidare in battaglia un nemico. Ne va della sua idea di sé. Proprio questo, del resto è l’intento del profeta che qui si fa maestro e guida spirituale. Un profeta, anche lui, irascibile e chiuso, che neppure incontra il generale siriano, che usa un servo come intermediario.


In questa storia i protagonisti sono troppo pieni di sé per essere capaci di dialogo. In tutta la prima parte sono gli schiavi, i servi e la donna che spingono in direzione di un dialogo, che insegnano che cosa vuole dire chiedere, essere mendicante, accettare la propria condizione di bisogno. Solo quando Naaman è guarito, e torna a essere come un bambino, saprà tornare da Eliseo e incontrarlo davvero di fronte a Dio.
Ciò che trasforma i due, che rende Eliseo capace di esprimere la benedizione, “Shalom”, è il fatto di sapere che né l’uno né l’altro hanno agito, ma c’è un Dio comune a tutti, che per tutte le nazioni agisce e opera.


Il generale, che all’inizio vedeva Israele solo come un popolo subordinato da razziare, ora vi scopre la benedizione universale e apprende i modi per portare con sé questo Dio anche in terra straniera. Si porta letteralmente dietro la terra da Israele. Non è solo una forma letteralista e superstiziosa antica. Mostra una delle strategie umane per mettere una distanza di protezione tra noi e Dio. Quelle che Lutero chiamava “le maschere di Dio”, di cui abbiamo bisogno nel nostro timore del divino.
Solo con Gesù Cristo la necessità di maschere e mediazioni verrà meno, poiché in Gesù noi scopriamo la profonda e originaria misericordia di Dio, e non abbiamo più bisogno di difenderci. Gesù suscita in noi la fiducia in Dio.


Ma chi o quali circostanze possono portare una persona a fare un percorso di questo tipo, ad affidarsi a Dio, a scoprire la propria bisognosità?
Nel racconto di Naaman è la fede di una bambina fatta schiava per la moglie del generale. Lei vede il dolore e il disagio che sono nella casa, in cui è schiava. Osa dire la sua fede in Dio in un paese straniero, in un luogo di oppressione. La sua fede è tale che comprende anche il generale straniero che l’ha strappata alla sua vita. E’ lei che ha una ferma fiducia nel profeta e nel Dio d’Israele, e allarga l’azione di Dio a tutte le nazioni. Non ha bisogno di terra per credere in Dio, quella fede è profonda in lei. E rischia di scatenare un conflitto diplomatico – ma questa è solo una digressione ironica del racconto che ci mostra i due livelli del nostro vivere.


I potenti ignorano ciò che una piccola schiava conosce: la potenza di Dio è in azione e opera per la guarigione delle nazioni. Passando per l’alta diplomazia dei re, Naaman rischia di perdersi, e con lui i popoli che sono messi l’uno contro l’altro.
E’ nel dialogo e nell’incontro tra persone che si riconosce invece il Dio di tutti i popoli. Gesù stesso si riferirà alla storia di Naaman per parlare della bontà universale di Dio.


Ma questa apertura troverà l’ostilità  aperta dei credenti che solo per sé vorrebbero tenere Dio, senza condividerlo. Un grande contrasto con la schiava ebrea che vuole condividere la sua conoscenza del Dio che guarisce e trasforma.
Dunque, qui abbiamo un uomo potente che, senza rinunciare alla sua posizione, è trasformato in un cammino, in cui viene sfidata la sua comprensione di sé. Abbiamo una serie di servi, a cominciare dalla ragazzina d’Israele, che sono capaci di mettere da parte l’orgoglio per accogliere la vita. Abbiamo un profeta che, dalla durezza iniziale, diventa capace di pronunciare la parola più dolce e più piena: SHALOM.
Dio scoglie i cuori e si serve di tutti per raggiungere, guarire, trasformare, riconciliare.


Sapremo essere come la giovane schiava ebrea e dare testimonianza della nostra fede?

 

Pastora Letizia Tomassone Predicazione 7 febbraio 2017 Chiesa Evangelica Valdese di Firenze

 

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Ultimo aggiornamento: 1 Maggio 2017
 ©Chiesa Evangelica Valdese di Firenze